MODENA: L’ULTIMA ROCCAFORTE ITALIANA DELLA TRADIZIONE

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Soldati modenesi presentando le armi
In luglio del 1814, mentre l’Impero dell’usurpatore corso Napoleone Bonaparte crollava inesorabilmente, nella città di Modena si viveva un clima festivo: il Duca Francesco IV d’Austria – Este, insieme alla sua famiglia, stavano rientrando, dopo più di due decenni d’esilio, nei loro domini. Questo avvenimento segnava la fine della Rivoluzione a Modena ed apriva, per il Ducato, qualcosa di simile ad una “Età degli Eroi”, durante la quale, sotto le bandiere del Trono e dell’altare, si sarebbero difesi strenuamente i diritti dei sovrani, la monarchia, con il suo ordinamento tradizionale, e la libertà dei sudditi.
Il Ducato di Modena costituisce un esempio, naturalmente integrabile  nel sistema politico tradizionale posteriore al Congresso di Vienna, di un regime monarchico che non necessitava praticare alcun tipo di violenza o censura contro i propri sudditi per garantirsi la lealtà di questi; infatti durante i più di quarant’anni che trascorsero tra la caduta dell’Impero Francese e l’Unificazione Italiana, tanto la nobiltà, quanto il popolo quanto il segmento maggioritario della classe borghese mantennero un’indiscutibile lealtà verso la Corona ed il Paese, tanto che qualsiasi tentativo di destabilizzare la monarchia dovette essere non solo fomentato come condotto dalla mano straniera (del Regno di Sardegna) e anche dopo la caduta, gli invasori liberali e nazionalisti dovettero affrontare l’aspra resistenza dei sudditi modenesi, leali al proprio sovrano, resistenza che, occorre rilevarlo, fu in passato affrontata dagli invasori francesi, sopratutto nelle campagne.
Discorreremo ora sugli ultimi decenni del Ducato, tra il Congresso di Vienna e l’Unificazione Italiana, dividendo il periodo nei due regni, di Francesco IV, che regnò tra il 1815 e il 1846 e Francesco V, che regnò tra il 1846 e il 1859, quando fu vilmente deposto.
Francesco IV: Nacque a Milano, il 6 ottobre 1779,  figlio di Ferdinando d’Asburgo - Este e Maria Beatrice d’Este. Entrò a Modena per la prima volta nel luglio 1814, mentre affrontava, a capo della Brigata Estense, l’Esercito Francese, assumendo poi la carica di Duca di Modena, Reggio e degli altri domini nell’anno seguente.
Di Francesco IV possiamo ben dire che fu un sovrano profondamente tradizionalista e fiero difensore del legittimismo, tale postura stoica fece si che la moderna storiografia nazionalista italiana lo considerasse un tiranno, ritraendolo come un paranoico ossesso (molte volte senza nemmeno possedere le basi per farlo) dalle forti tendenze despotiche e sanguinarie. In verità, analizzando il contesto storico in cui visse, osserviamo che le misure prese risultano pienamente giustificabili in una situazione in cui tutti i principali troni d’Europa passavano per periodi di instabilità, venendo costantemente minacciati da società segrete quali la Carboneria e la Massoneria – la quale aveva perso tutto il suo carattere “operativo” per trasformarsi, purtroppo, in un’organizzazione politica dalle finalità sovversive  - ; prova dell’instabilità è il fatto che, meno di un anno dopo la Restaurazione, il Ducato si vide nuovamente invaso dalle forze di Gioacchino Murat, usurpatore del Regno di Napoli, occupando per un breve periodo la capitale, prima che le forze austro-modenesi riuscissero a respingere la sua offensiva e a ristabilire l’ordine nel paese, mentre l’ultimo usurpatore francese veniva ricacciato fino all’Italia meridionale, dove sarebbe morto per mano dei suoi propri sudditi. Episodi come questo, oltre ad una vita trascorsa quasi totalmente fino ad allora tra le guerre europee contribuirono nel far si che questo sovrano dimostrasse una postura ferrea ed implacabile, come si poté constatare anche nel 1822 quando, nemmeno l’abito talare salvò dall’impassibile giustizia del Duca, don Andreolli, un prete di tendenze  liberali e giacobine; non meno significativa fu l’impiccagione dei sovversivi Ciro Menotti e Vincenzo Borelli, con i quali il Duca, al contrario di quanto cercano in molti di insinuare, con un imbasamento storico insignificante, non fu mai in combutta; i quali furono catturati nella residenza del Menotti, a Modena, mentre pianeggiavano, insieme ad altri cospiratori, l’uccisione del sovrano e della sua famiglia, per potere poi rovesciare la monarchia. Tuttavia, al contrario di quanto vorrebbero farci credere i nazionalisti italiani, il Duca godeva di ampia popolarità tra i suoi sudditi, i quali, nella stragrande maggioranza agricoltori, cattolici e fortemente conservatori, vedevano con ostilità gli ideali rivoluzionari e dovevano considerare queste esecuzioni come atti di ordinaria giustizia.
La politica esterna di Francesco IV si caratterizzò per un’intransigente lealtà alle determinazioni del Congresso di Vienna, che lo portò molto presto a rinunciare ad assumere il trono di Sardegna dopo l’abdicazione di Vittorio Emanuele I , contrariamente al desiderio di molti legittimisti ed alle stesse esigenze della Realpolitik, permettendo invece che ad assumere il trono fosse Carlo Felice di Savoia, che purtroppo si rivelò incapace di mantenere l’ordine nei suoi domini, cedendo alle pressioni liberali e dando così inizio al processo di sovversione che, nel 1861 porterà all’Unità d’Italia. Quanto alle altre questioni, il Ducato si mantenne sempre filo-austriaco e leale ai principi legittimisti, politica che si mantenne costante fino alla fine.
La politica interna del Ducato potrebbe facilmente definirsi come liberal-conservatrice, poiché se da una parte ci si manteneva fedeli ai principi della monarchia tradizionale, per mezzo della manutenzione e della tutela dell’aristocrazia e di una monarchia assoluta e fondata sul principio dell’alleanza tra il trono e l’altare, dall’altro, in termini di economia, vigeva un’ampia libertà economica: il Duca cercava di intervenire poco nell’economia, intendendo, con ciò evitare anche una forte industrializzazione del paese, la quale avrebbe portato, oltre ad una crescita notevole dell’influenza della classe borghese, anche la decadenza di molti sudditi prima dediti all’agricoltura e all’artigianato, alle condizioni sub-umane di vita del ceto operaio europeo di allora. Ciò non ostante il Duca intraprese una politica fortemente paternalista, con l’intuito di contribuire nel miglioramento delle condizioni di vita dei ceti più umili; è bene sottolineare che tale politica, a dispetto di quanto avviene oggi nelle social-democrazie e nei governi populisti, era applicata totalmente a spese del sovrano e di quanti desiderassero contribuire di libera e spontanea volontà, senza pertanto pesare sulle tasche di nessun modenese. Così, dopo un difficile inizio, pieno di conflitti e tentativi di sovversione, il Ducato si stabilizzava e passava ad essere un esempio di paese legittimista europeo, attraendo tra l’altro intellettuali conservatori di diverse parti d’Italia e d’Europa, e godendo del rispetto della maggior parte dei paesi europei.
Il 21 gennaio del 1846, dopo lunghi mesi di malattia, moriva nel Palazzo Ducale il Duca Francesco IV d’Asburgo – Este. La notizia fu accolta con rammarico in tutte le principali corti europee e naturalmente dentro allo stesso Ducato, dove i sudditi avevano trascorso tutto il lungo periodo di malattia del sovrano cercando di mantenersi informati quanto al suo stato di salute; secondo quanto narrano alcuni relatori di quell’epoca, durante questo periodo il Palazzo fu costantemente visitato da sudditi di tutte le classi sociali desiderosi di informazioni quanto allo stato di salute del proprio sovrano. Si chiudeva così, in una fredda giornata del 1846, la prima fase del Ducato di Modena durante la Restaurazione.
Francesco V:poco dopo la morte di suo padre, Francesco V d’Austria – Este salì al trono modenese, con la sua consorte, la Principessa Aldegonda von Wittelsbach, della Real Casa di Baviera. Si apriva così l’ultima fase di indipendenza per il Ducato di Modena e Reggio.


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Francesco V d’Austria - Este

Francesco V fu da molti definito come “un uomo fuori dai tempi”, tanto per il suo rigido conservatorismo cattolico, quanto per la sua eccessiva generosità, che volendo potrebbe essere identificata come uno dei fattori che causò la sua rovina. Il suo periodo di regno fu meno agitato di quello di suo padre, conoscendo solamente un breve periodo di occupazione sardo-piemontese (vale ricordare che a questo punto il Regno di Sardegna si trovava totalmente nelle mani dei liberali e dei giacobini) nel 1848 e caratterizzandosi, per il resto, come la continuazione del governo di suo padre, con tuttavia maggiori stimoli alle innovazioni tecnologico-scientifiche ed alcuni cambiamenti nella politica esterna ed interna, mantenendosi comunque fissi i principi immortali della difesa del Trono e dell’Altare.
Nel campo delle innovazioni, meritano distacco la creazione di una linea del telegrafo, che metteva ora in contatto il Ducato con il resto d’Europa, la modernizzazione e il potenziamento dell’Esercito, per poterlo rendere più adatto agli scenari bellici di metà XIX secolo, così come un maggiore stimolo all’industria, che ormai si rendeva indispensabile per garantire competitività all’economia di questo piccolo Stato europeo. Non si può tralasciare, nel contesto dell’economia, la costruzione del porto commerciale di Marina di Massa, che ampliò gli orizzonti commerciali del paese, così come l’apertura di un Ufficio Commerciale a Philadelphia. Si deve ricordare qui che in questo periodo il Ducato stava ottenendo dei grandi lucri grazie all’esportazione del marmo di Carrara, che probabilmente fu la principale ragione per l’apertura dell’Ufficio negli U.S.A.. Sempre nell’ambito dell’economia si deve ancora ricordare la riforma del sistema postale, per renderlo più efficienze, così come il progetto per coniare una nuova moneta modenese, che però non fu mai messo in atto, a causa dell’invasione sardo-piemontese.
In politica interna il Duca mise in atto alcune riforme con l’intuito di integrare il ceto borghese nella vita politica, senza che ciò significasse la sovversione dell’ordine monarchico tradizionale, che prevede comunque la partecipazione dell’aristocrazia. Fu così che fu permesso alla borghesia di occupare cariche pubbliche e furono riservati, nella Nobile Accademia Militare, alcuni posti anche a membri di quest’ultima classe che desiderassero intraprendere la carriera come ufficiali dell’esercito. È necessario anche tenere presente che, nonostante  in quel momento lo Stato Estense fosse ancora una monarchia assoluta, il sovrano aveva già pronto un progetto di costituzione, che avrebbe trasformato il Ducato in una monarchia costituzionale, mantenendo comunque al Duca e all’Aristocrazia ampie prerogative. La geopolitica attuata dal nuovo Duca si costituì come una continuazione di quella attuata da suo padre, mantenendosi quindi fedele  al patto legittimista sancito dal Congresso di Vienna; così fu continuata l’alleanza con l’Austria e l’ostilità con la Francia (sia Orleanista, sia Repubblicana, sia Bonapartista) e con il Regno di Sardegna, propose anche un progetto di Confederazione che riunisse gli Stati Italiani e l’Impero Austriaco, di modo tale da poter far fronte alle proposte di unificazione lanciate dalla sovversione. Tale proposta merita sicuramente distacco, dato che non solo rappresenta il tentativo legittimista di unificare la penisola in modo armonioso e rispettoso delle differenze, come anche un seme per una possibile – e futuribile – unificazione europea, dato che, nel caso in cui avesse incluso anche l’Austria, tale confederazione avrebbe  riunito popoli europei molto diversi tra loro. Purtroppo la miopia e il disinteresse degli altri sovrani italiani impedì la realizzazione di tale progetto, condannando così l’Italia a dover subire i fatti infami che si consumarono a partire dalla Seconda Invasione Piemontese – detta anche Seconda Guerra di Indipendenza – . Nonostante il fallimento del suo principale progetto, Francesco V riuscì ad ottenere degli accordi commerciali e delle alleanze che riunissero in blocco i suoi vicini.
Il carattere pacifico e magnanimo del sovrano, alleati alle sue politiche, lo resero molto popolare e gli fecero facilmente guadagnare l’affetto dei realissimi sudditi modenesi, che gli obbedivano fedelmente senza necessità di coercizione o violenza di alcun genere. Tuttavia nel 1848, in tutta Europa le forze della sovversione si alzavano contro i troni, in quella che rimase conosciuta come “La Primavera dei Popoli”. In Italia il principale promotore del caos fu il Regno di Sardegna, che mosse immediatamente contro l’Austria e fomentò rivolte in tutta la penisola. Anche a Modena, così, vi furono delle sollevazioni liberali, esigendo la costituzione e la costituzione di una Guardia Civica; nonostante il Duca avesse concordato con tali richieste - visto che si trattava poi di manifestazioni pacifiche e senza un fondo dichiaratamente antimonarchico e anticattolico - , alla fine decise di ritirarsi con le sue truppe in territorio austriaco, spinto sia dal fatto che vi fosse una spedizione piemontese in arrivo, e soprattutto dal fatto che la nuova Guardia Civica avrebbe potuto ammutinarsi, rendendo così impossibile la difesa. Si apriva così un breve periodo di occupazione sardo-piemontese, marcato sempre da una grande fragilità, grazie all’ostilità dei sudditi verso gli invasori, come ci ricorda lo scrittore Carlo Lorenzini, conosciuto anche come Carlo Collodi, il quale scrive: “Per tutto e da tutti abbiamo avuto buona accoglienza, menochè a Modena, dove ci aspettavamo molto e avemmo poco, per non dir nulla. In codesta città, vi è un gran partito gesuitico e ducale e su questo proposito mi diceva il figlio di Ciro Menotti: credimi, se Modena esercitasse sul modenese l’influenza che Parigi esercita sulla Francia Francesco V tornerebbe sul trono”. In ogni caso, la dominazione piemontese ebbe vita breve. Infatti, nel giro di pochi mesi, grazie all’intervento austriaco il Regno di Sardegna fu sconfitto e il Duca ritornò sul trono acclamato dai sudditi, che tra l’altro ora gridavano morte ai liberali e alla traditrice Guardia Civica.
Tuttavia, nel fatidico 1858, circa dieci anni dopo quel primo tentativo, ne la lealtà dei sudditi modenesi, ne l’ardore dei militari, e molto meno le virtù cavalleresche del Duca sarebbero riuscite a risparmiare Modena dalla sovversione nazionalista. In quel nefasto anno il Regno di Sardegna, appoggiato ora dalla Francia bonapartista entravano nuovamente in guerra con l’Austria. Con lo scoppio della guerra il Duca si schierò senza esitazioni dalla parte dell’Impero, inviando la maggior parte delle sue truppe a difendere il ridotto segmento di frontiera che Modena aveva con il Piemonte, dove l’esercito non dovette comunque affrontare delle grandi offensive, già che le zone più interessate dal conflitto furono altre; tuttavia il 4 giugno del 1859 gli austriaci subivano una gravissima sconfitta a Magenta, vedendosi così obbligati a ripiegare, obbligando quindi anche il Ducato di Parma a fare lo stesso e lasciando Modena totalmente scoperta. In questo modo il giorno 11 di giugno di quello stesso anno, dopo essersi già ritirato dalla Garfagnana e aver cercato di stabilire una linea difensiva al Passo dell’Abetone, il Duca ordinava alle sue truppe di inchiodare i cannoni e di ritirarsi per l’ultima volta, dal Ducato. Finiva così, tra le acclamazioni dei sudditi e le truppe che si ritiravano dignitosamente ed ancora con la speranza di un ritorno trionfale, la storia di un quasi millenario Stato europeo.

 


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 Luigi Carlo Farini

  Poco dopo la ritirata del legittimo sovrano e delle sue truppe, la reggenza nominata da esso veniva destituita da truppe  piemontesi in borghese e veniva stabilito un Governo Provvisorio presieduto da Luigi Carlo Farini, il quale assumeva il governo nella qualità di dittatore. Con il Farini, si stabilì un governo corrotto e repressivo, che introdusse il servizio militare obbligatorio (fino ad allora sconosciuto nel Ducato) ed altre misure che avevano come unica utilità quella di rafforzare e confermare l’invasione, che tra l’altro si nascondeva dietro a bandiere quali quella di un iniquo liberalismo e di un putrido nazionalismo.
Intanto, nel 1860, di fronte alla decisione nei trattati di pace per la restaurazione del Ducato di Modena, quello di Parma e della Toscana, il Governo Provvisorio convocava un referendum in tutti gli ex-Stati, dove, almeno in teoria, i sudditi avrebbero potuto optare tra l’annessione oppure un generico “regno separato”. In questo referendum, secondo i relatori del Curletti, si fece di tutto per mantenere i sudditi il più lontano possibile dalle urne, e si fece pressione su quelli che si ostinarono a votare, di modo tale che il risultato del referendum fu un foto quasi unanime per l’annessione.
Mentre ciò accadeva, comunque, le classi popolari opponevano una tenace resistenza all’occupazione, ribellandosi frequentemente  contro il tirannico governo sabaudo e prendendo d’assalto gli uffici pubblici gridando frasi quali “Viva Francesco V! Morte ai Liberali”, o per mezzo di altre ritorsioni. Furono ugualmente comuni casi di modenesi che lasciavano la propria terra per andarsi ad arruolare nella Brigata Estense (come vedremo più avanti), nella speranza di poter presto rivedere il proprio sovrano sul Trono.
Durante il resto del conflitto la Brigata Estense continuò a dare appoggio alle forze austriache, partecipando anche alla famosa battaglia di Solferino e rimase, al termine del conflitto, di stanza in Veneto. Tra il 1860 e il ’63 l’esercito continuò attivo, ricevendo molti volontari dai territori occupati, e venendo mantenuto sia dal patrimonio personale del sovrano, sia dall’Impero Austriaco. Durante questo triennio, i soldati estensi ricevettero innumerevoli minacce e incentivi alla diserzione da parte del Regno d’Italia, per il quale la situazione della Brigata Estense si stava rivelando estremamente scomoda. Ciò nonostante i soldati, spinti dal senso del dovere e della lealtà rimasero leali ai giuramenti fatti, scegliendo così di affrontare un futuro incerto e ritorsioni sempre più gravi da parte del Governo Italiano. Tuttavia, nel 1863, sia la pressione liberale, sia la mancanza di risorse finanziarie, obbligarono il Duca a decretare la dissoluzione del Battaglione, con una cerimonia solenne, il 24 settembre del 1863. Dopo la dissoluzione della Brigata, la maggior parte dei soldati cadde in miseria, dato che si trovava impedita di fare ritorno in patria dalle condanne emesse dal Governo invasore, e dal momento che aveva subito la confisca di qualsiasi proprietà in patria; alcuni decisero di arruolarsi nell’Esercito Austriaco, venendo ricevuto tra le file di esso come degli eroi, potendo inoltre conservare gradi e onorificenze ricevute in recedenza; ve ne furono ancora alcuni che seguirono il Principe Massimiliano d’Asburgo in Messico, in quell’avventura monarchica conclusasi tragicamente, grazie alla feccia repubblicana ed agli interessi statunitensi.

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Cerimonia di dissoluzione della Brigata

Il Duca di Modena, Francesco V, morirà il 20 di novembre del 1875 nella sua residenza a Vienna, ritiratosi alla vita privata, indebitato ed estremamente malinconico, si rifiuterà fino all’ultimo sospiro di ricevere o anche solo rivolgere la parola all’usurpatore Re d’Italia, all’Imperatore Francese e a quello Tedesco, che ritenne sempre essere delle canaglie (definendoli così con il massimo della franchezza). A Modena, ogni anno, continua ad essere celebrata una messa in memoriam in suo onore. La storiografia italiana, dall’infame 1861 in poi ha sempre condannato il Ducato di Modena così come i suoi due ultimi sovrani, questo tuttavia non ha impedito, in tempi recenti, che alcuni ricercatori storici iniziassero a rivalorizzare e smentire molte delle calunnie diffuse intorno a queste due nobili figure.

 


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Mapa do Ducado de Modena



CONCLUSIONE
Il Ducato di Modena, in termini meta politici e metastorici, assume una funzione simbolica estremamente rilevante,  infatti questa monarchia, dopo avere, in un primo momento fatto alcune concessioni illuministe durante il XVIII secolo, si riprese immediatamente, di fronte alle invasioni rivoluzionarie, e restaurata nel 1815 passò a lottare tenacemente in difesa della Tradizione Imperiale, naturalmente insieme all’Impero Austriaco, erede diretto del Sacro Romano Impero, il quale formava, insieme alle monarchie italiane, un grande sistema sovranazionale che riuniva una parte considerevole del continente europeo.
Entrambi i Duchi si dimostrarono sovrani giusti, attenti sempre a governare con giustizia ed equilibrio, per il bene comune, senza quindi permettere la distruzione delle tradizioni e della società aristocratica così come senza permettere che l’economia stagnasse a causa di arretratezza tecnologica. Dettero inoltre prova delle loro doti militari guidando sempre il loro esercito sui campi di battaglia e seppero, come abbiamo già evidenziato, conquistare la lealtà dei propri sudditi senza l’uso della violenza o della repressione. Possiamo quindi dire che essi costituiscono sotto innumerevoli aspetti esempi degni del migliore tradizionalismo di natura cavalleresca e imperiale – ghibellina, un tradizionalismo che ebbe negli Imperi Centrali fino alla Grande Guerra e nel Giappone fino alla Seconda Guerra Mondiale, i suoi ultimi riscontri. Che possa dunque l’eroismo di questi nobili uomini brillare eterno nei cuori e nelle menti di tutti coloro che lottano per mantenersi in piedi tra le rovine!

BIBLIOGRAFIA

- Atlante Estense, Goldoni, Carlo Maria, Edizioni Artestampa
- In Esilio con il Duca, La storia esemplare della Brigata Estense, Bianchini Braglia, Elena, il Cerchio iniziative editoriali
- Modena nella storia, B. Benedetti, G. Biondi, G. Boccolari, P. Golinelli, L. Righi, Edizioni il Fiorino Modena
- Giornale della Reale e Ducale Brigata Estense
- Memorie di Quanto Disposi, d'Austria-Este, Francesco V
- La verità sugli uomini e le cose del Regno d'Italia, Bianchini Braglia, Elena
- Rivolta Contro il Mondo Moderno, Evola, Julius, Mediterranee Edzioni
- Archivio Privato deVolo
- Raccolta Saccozzi
- T. Bayard de Volo, Vita di Francesco V